Il pianoforte di Einstein.

Una cronologia

di Jakob Staude

Il pianoforte che nel 1931 Albert Einstein regalò per il compleanno alla sorella Maja, allora residente a Quinto vicino a Firenze, e che lei nel 1939, prima della sua partenza forzata per Princeton, lasciò al pittore Hans-Joachim Staude, che pure viveva a Firenze, il 23 giugno 2016 – nell’ambito della rassegna divulgativa ‘Notti d’Estate’ organizzata da Paolo Tozzi – è stato affidato agli Astrofisici dell’Osservatorio fiorentino di Arcetri.

In quella festosa occasione è stata raccontata – a cielo aperto, verso l’ora del tramonto, con quella vista celeberrima – la storia di questo strumento, che s’intreccia ai destini di personaggi assai diversi fra loro e sul quale quella sera stessa i pianisti Luisa Valeria Carpignano e Ferdinando Mussutto hanno eseguito un concerto a quattro mani ideato da Antonio Staude. Qui seguono gli appunti utilizzati per quel racconto.

Cari colleghi, cari amici,
ho da narrarvi la storia del pianoforte che Albert Einstein regalò a sua sorella Maja nel 1931 e che oggi, dopo molte peripezie – del pianoforte e dei personaggi coinvolti – è arrivato quassù, affidato agli astrofisici di Arcetri (Fig. 1). È una storia di amore per l’arte e per la cultura in genere, di amore per Firenze e per il proprio paese, che s’intreccia con gli eventi più paradossali e terribili di quegli anni: farò semplicemente la cronologia degli avvenimenti – e incomincerò da molto lontano.

I

Nella Venezia del Cinquecento la famiglia ebraica Del Banco era fra le più ricche e potenti. Per sfuggire alle persecuzioni che allora ebbero luogo, i Del Banco emigrarono prima a Bologna e poi, nel Seicento, a Warburg, una città della Lega anseatica in Vestfalia, a mezza strada fra Colonia e Hannover, assumendone il nome. Più tardi i Warburg si trasferirono ad Áltona presso Amburgo, dove nel 1798 i fratelli Moses e Gerson fondarono la loro privata Bankhaus Warburg.

1879: Due giovanissimi fratelli della dinastia dei Warburg stipulano un patto gravido di conseguenze; Abraham (1866-1929), detto Aby, appena tredicenne, primogenito e appassionato di libri, cede a Max (1867-1946), suo fratellino dodicenne, la primogenitura, e con questa la futura direzione della banca di famiglia. In cambio Max s’impegna a comprare per Aby tutti i libri che Aby gli chiederà.

Aby si dedica privatamente allo studio dell’arte e della cultura rinascimentale. Nel 1898 viene a Firenze (Fig. 2), dove entra in stretto contatto con l’intellighenzia fiorentina e internazionale che allora abita in questa città e su queste colline.

Di se stesso Aby dice: “Io sono ebreo per nascita, amburghese nel cuore e fiorentino di spirito”, e subito partecipa, insieme ad altri qui a Firenze, allo sviluppo di un centro privato di studi rinascimentali, fondato nel 1897, precursore del Deutsches Kunsthistorisches Institut, detto dai Fiorentini amorevolmente il Kunst, oggi Max-Planck-Institut di Storia dell’arte, con sede in Via Giuseppe Giusti 44.

Nel 1902, Aby, ritornato ad Amburgo, inizia a costruire, a spese del fratello Max, la Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg, un centro privato di studi dedicato soprattutto al Rinascimento italiano, che manterrà sempre rapporti speciali con il Kunst fiorentino.

II

1904: a Port-au-Prince nasce mio padre Hans-Joachim Staude, detto Hans-Jo, secondogenito del commerciante Hans-Carl Staude (1872-1933) di Halle in Sassonia-Anhalt, venuto a Haiti per il lavoro, e di Elsa Staude (1875-1962), nata Tippenhauer, di padre amburghese e di madre francese. Elsa era già nata a Haiti, dove il ramo materno, francese, della sua famiglia viveva da generazioni.

1909: La madre Elsa si trasferisce ad Amburgo con i figli Gustav e Hans-Jo, per dare loro una buona educazione borghese. Il padre continua a occuparsi del proprio lavoro per lo più a Haiti.

1910: ad Amburgo Max Warburg assume, come pattuito 31 anni prima con il fratello Aby, la direzione della Bankhaus Warburg e presto ne fa una delle maggiori banche private tedesche – un vero e proprio global player. Inoltre s’impegna in primo piano nella vita sociale e politica di Amburgo, una città-stato largamente autonoma dal governo del Kaiser a Berlino.

1919: Max partecipa direttamente alla fondazione dell’Università di Amburgo. Aby vi entra come professore di Storia dell’arte, e presto vi convergono luminari di fama mondiale come il filosofo Ernst Cassirer, gli storici d’arte Gustav Pauli ed Erwin Panofsky, l’orientalista Hellmut Ritter, il filologo classico Karl Reinhardt, il bizantinista Richard Salomon…

III

Intanto Maja Einstein (Fig. 3), sorella di Albert, nata nel 1881 a Monaco di Baviera, cresce prima a Milano e poi ad Aarau in Svizzera, dove nel 1905 ottiene il diploma d’insegnante. Studia filologia romanza a Berlino, Parigi e Berna, dove nel 1909 consegue il dottorato.

1910: Maja, per aver sposato Paul Winteler, cittadino svizzero, avvocato e dilettante pittore, perde la sua licenza d’insegnante. Infatti, in Svizzera in quei tempi alle insegnanti era prescritto il celibato. In seguito a ciò Maja e Paul rinunciano alle loro professioni e dapprima si stabiliscono a Lucerna, poi nel 1920, con pochissimi mezzi, vengono ad abitare a Firenze.

1922: con l’aiuto di Albert Einstein, i Winteler acquistano a Quinto, sulle pendici del Monte Morello (vedi sopra, Fig. 2), una vecchia casa colonica che chiamano Samos’, perché li fa pensare alla mitica Grecia (Fig. 4).

In questa semplice casa colonica Maja suona con passione il suo vecchio pianoforte e Paul dipinge  paesaggi nella campagna circostante; i due insieme giocano a scacchi e, sempre a corto di mezzi, coltivano poche ma intense amicizie fiorentine e internazionali. E con diversi di questi amici Maja sovente suona il pianoforte a quattro mani.

A questo proposito voglio riportare alcune considerazioni formulate da Antonio Staude nel presentare il programma musicale del concerto a quattro mani eseguito ad Arcetri il 23 giugno: “Maja chiamava tale pratica musicale ´Vierhändern´, un verbo tedesco alquanto inconsueto, almeno nel parlato di oggi, che esprime in una parola il suonare il pianoforte a quattro mani, rendendo in più quella particolare intimità e passione per la musica legate ai momenti d’incontro con gli ospiti giunti a ´Samos´ da vari paesi d’Europa. Maja, infatti, nel suo diario paragonava il suonare a quattro mani una trascrizione dei quartetti per archi op. 59 di Beethoven con un ´dessert´ adatto a coronare una cena conviviale tra amici. Insomma, in quel contesto la musica era sentita come una fonte di energia vitale e di pienezza.

All’inizio del Novecento, prima che i grammofoni facessero ingresso nelle nostre case, suonare le trascrizioni per pianoforte – in una tradizione che proveniva dall’Ottocento, avviata da Franz Liszt, e portata avanti per esempio da Ferruccio Busoni – era un modo per avvicinarsi alle composizioni di ogni tipo – dai corali da chiesa al canto lirico, dalla musica d’insieme alle grandi sinfonie – per rappresentarsele, anche senza andare ai concerti, meno frequenti di oggi e non sempre facilmente raggiungibili, e soprattutto per scambiarsi su di esse in maniera produttiva e per godere di un senso della vita, di qualcosa che dalla vita è entrato nelle composizioni e che da esse, suonandole, può ritornare ad ispirarci e a sorprenderci.

Tra i pezzi in programma questa sera spicca il movimento d’apertura della sesta sinfonia in fa maggiore – la Pastorale – di Ludwig van Beethoven, ultimata nel 1808. Il compositore, che già allora soffriva di problemi all’udito, amava ritirarsi in campagna, a stretto contatto con la natura. Il partecipare alla vita campestre seguendone i ritmi lo riempiva di un’intima gioia, in quanto da ciò gli si schiudeva una via alla pace interiore. Beethoven al riguardo annotò: più espressione del sentimento che pittura, e questo è lo spirito che permea la composizione che, allo stesso modo delle opere di Bach, Mozart e Brahms che ascolteremo, potrebbe essere rientrata nel repertorio di Maja e dei suoi amici.”

IV

Intanto ad Amburgo, anche Hans-Jo suona il pianoforte tanto bene, che tutti prevedono che da grande farà il pianista (Fig. 5). Ma lui nel 1921, ancora sedicenne, nel suo diario segreto si ripromette solennemente di diventare pittore. E negli anni 1923-1925 frequenta i suoi coetanei in casa Warburg, dove si respira aria di arte e d’Italia, culturalmente intesa.

A scuola il suo compagno Fritz Rougemont (1904-1941), poi precoce storico d’arte e traduttore del Petrarca, diventa il migliore amico di Hans-Jo. I loro interessi convergono sui rivolgimenti che stanno avvenendo nell’arte e nelle letteratura contemporanea e si riflettono nella rivista “Die Werdenden” (“Quelli che divengono”) che Hans-Jo redige insieme all’amico Karl Bröcker, anche lui pittore in fieri, e iilustra con le proprie xilografie. (Fig. 6)

Anche Fritz già da ragazzo frequenta i circoli dei Warburg e nel 1923, appena conseguita la maturità, sulle tracce di Aby precede l’amico Hans-Jo a Firenze, dove subito conosce Maja Einstein e Paul Winteler e dove per alcuni anni si dedica ai suoi studi.

Maja, quarantaduenne, prende sotto la sua protezione il brillante giovane e fa per lui, per così dire, le veci di madre. (Paul non sembra gradire molto questo rapporto, vedi la Fig. 7.) Maja scrive di lui: “Fritz ha un’anima fine e buona. È l’unica persona che io abbia conosciuto finora, che, non appena si accorge di qualche mio imbarazzo o dolore, sempre fa subito di tutto per procurarmene sollievo. Questo, specialmente in una persona tanto giovane, è davvero una qualità rara.”

V

1924: Non si sa bene come, in estate Hans-Jo, ancora ragazzo diciannovenne, viene a trovarsi solo con Albert Einstein, ormai premio Nobel di fama mondiale, sulla spiaggia di Travemünde vicino a Lubecca. Forse l’incontro fu mediato proprio dall’amico Fritz Rougemont.

Di questo incontro fra i due personaggi, che si trovano in situazioni tanto differenti, si tramandano due versioni diverse che probabilmente sono due parti entrambe vere della stessa storia. Io, di quanto mio padre mi raccontò di quella conversazione quand’ero ragazzo, ricordo questo:

Einstein: E lei, giovanotto, di che cosa si occupa?

Hans-Jo (esitante): Io… vorrei… col mio dipingere… dare un’immagine del mondo…

Einstein (pensoso): … beh… allora… in fondo… vogliamo la stessa cosa.

E nel 1963, Hans-Jo ne parlò a Tiziano Terzani, che aveva appena sposato mia sorella Angela. Lui prese subito questa nota, che Angela ora ci leggerà:

Einstein: È difficile oggigiorno per un giovane artista scegliere una via da seguire. In mezzo a tante correnti, quale fare propria?

Hans-Jo: Per me non è difficile. Faccio quello che sento e m’impunto a farlo sempre.

Einstein: È vero, è per caparbia che spesso si resta fedeli alle proprie idee. A me capita di capire e di apprezzare le teorie dei miei avversari – ed è solo per caparbia che continuo a sostenere le mie.

Hans-Jo a Tiziano: “Mi capitò poi di sentirlo improvvisare al pianoforte: dolce, ingenuo, quasi infantile, ma bello.”

VI

1925: nel giorno di Pasqua Hans-Jo, da poco ventenne, arriva a Firenze per starci due settimane, ma poi vi si ferma praticamente per tutta la vita; presto i suoi nuovi amici fiorentini lo chiamano Anzio, e anche lui stesso si chiama così. Subito incontra Fritz Rougemont, che lo presenta ai Winteler (Fig. 8). Maja adotta anche lui… e subito prendono a suonare insieme il pianoforte a quattro mani.

Negli anni dal 1926 al 1933 mia nonna Elsa Staude viene ogni tanto da Amburgo a Firenze a trovare il figlio Anzio. Così anche lei conosce Maja Winteler, e le due donne diventano amiche. (Fig. 9)

Intanto Fritz Rougemont, ritornato ad Amburgo, s’impegna a fondo nella Kulturbibliothek Warburg, tanto che gli viene affidata, insieme a Gertrud Bing, la cura dell’edizione di una prima raccolta degli Scritti di Aby Warburg, morto nel 1929, che verrà pubblicata già nel 1932.

1930: A Firenze Anzio va ad abitare in un’antica casa in Via delle Campora 30. (Fig. 10)

1931: A ’Samos’ il vecchio pianoforte di Maja finisce i suoi giorni. Maja, disperata, non ha i mezzi per sostituirlo, ma a Berlino Albert acquista un Blüthner a coda, costruito a Lipsia nel 1899 e appena rimesso a nuovo, e lo spedisce a Quinto come regalo di compleanno per Maja. Dalle lettere di Maja erompe una gioia senza fine. Alla notizia dell’acquisto scrive:

Ah, che beatitudine vivere! Tanto più che ieri ho avuto l’entusiasmante notizia che mio fratello in persona ha scelto da Blüthner un pianoforte per me, che presto potrò accogliere qui a ’Samos’. Non è davvero un fratello perfetto, al di là di tutte le altre sue qualità?”

E all’arrivo dello strumento:

“È arrivato il pianoforte! E che pianoforte! Se tu sentissi come suona! La sua voce è stupenda, così flessibile… non me lo sarei mai sognato! Più bello del Bechstein di Anzio: se tu potessi sentire come suona – come usignoli e come un organo! Come flauti e come violini! Chi riuscisse a farlo cantare con tutte le sue voci, farebbe la musica del cielo, dell’inferno e di tutto il resto! Mi dà proprio la beatitudine!”

Quegli anni di Quinto, fino ai primi giorni del 1939, saranno ricordati come un’orgia di pianoforte a quattro mani e – più in generale – della fusione di tutte le arti, allegoricamente illustrata da Anzio in una natura morta del 1937. (Fig. 11)

Fig. 11: Hans-Joachim Staude: Pittura, Scultura, Musica e Poesia. Olio su tela, 1937

Fig. 11:
Hans-Joachim Staude:
Pittura, Scultura, Musica e Poesia.
Olio su tela, 1937

VII

1932: in novembre Albert Einstein va in America per un giro di conferenze.

1933: in gennaio Adolf Hitler prende il potere a Berlino. Di conseguenza…

– Albert Einstein non fa più ritorno in Germania. Presto è chiamato a Princeton e vi rimane per il resto della sua vita;

– Fritz Rougemont, il sensibile amico di Anzio e di Maja, si converte al nazismo: l’amicizia fra lui e Anzio termina ex abrupto, con gran dolore di Anzio. Solo Maja non ci vuol credere, e nelle sue lettere agli amici comuni continua per anni a difendere Rougemont a spada tratta, fino a quando anche lei dovrà cedere di fronte all’evidenza del suo impegno nazista;

– la Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg è messa in sicurezza dalle grinfie dei nazisti e trasferita da Amburgo a Londra, dove presto è rifondata con il nome di Warburg Library, poi Warburg Institute, una specie di Princeton Institute for Advanced Studies, che ancora oggi si dedica agli studi di arte e cultura di ogni genere e provenienza;

– mia nonna Elsa resta vedova e viene ad abitare a Firenze con suo figlio Anzio. Maja ne è molto contenta, e della morte di mio nonno scrive: “Non tutto il male vien per nuocere!”

– Infine, sempre nel 1933, Max Warburg è espulso dal Consiglio di amministrazione della Deutsche Reichsbank, di cui aveva fatto parte dal 1924; fino al 1935 resterà ancora membro di dodici altri consigli di amministrazione.

1938: Max è costretto a dimettersi anche da direttore della Bankhaus Warburg, a venderla, e a emigrare con la sua famiglia in America, dove comunque persistono numerosi punti d’appoggio bancari, e dove morrà quasi ottantenne nel 1946. Dai suoi 200 dipendenti rimasti ad Amburgo si accommiata con un lungo discorso che termina con queste parole: “Vi auguriamo successo per il vostro lavoro, per il bene della città di Amburgo e per il bene della Germania.”

Nello stesso anno, Anzio da Firenze va ad Amburgo a sposare Renate Moenckeberg, la sua amica di gioventù: i due si erano conosciuti già nel 1925 a un ballo in maschera in casa Warburg. Renate viene ad abitare con Anzio e con la nonna Staude, e poi con i figli Angela e Jacopo, in Via delle Campora 30.

1939: le leggi razziali sono ormai entrate in vigore anche in Italia. Di conseguenza, in febbraio Maja lascia il Blüthner ad Anzio in deposito a casa nostra e con Paul parte per la Svizzera, con l’intenzione di andare poi con lui a trovare Albert a Princeton; ma Paul, essendo cittadino svizzero, non riesce a ottenere un visto di entrata negli Stati Uniti, e pertanto Maja parte sola, convinta di poter ritornare con lui a ’Samos’ qualche mese più tardi. In settembre scoppia la guerra e nel 1941 Fritz Rougemont, che ancora nel 1938 aveva inviato a Maja un volumetto delle sue fini traduzioni del Petrarca, cade da nazista convinto sul fronte orientale.

1942: Anzio da Firenze è richiamato nella Wehrmacht con il grado di soldato semplice: resta in Italia con funzione d’interprete italiano-tedesco, prima a Roma, poi a Verona. Non imparerà mai a salutare i suoi superiori secondo le regole, e dall’uso delle armi è esonerato per la sua età avanzata e per incapacità.

Qui bisogna dire che Maja Einstein e Paul Winteler non erano i soli della famiglia venuti a vivere in Italia. Dapprima vicino a Perugia, poi in una villa in campagna a Rignano sull’Arno vicino a Firenze, viveva Robert Einstein, cugino di Albert e Maja, con la moglie Nina Mazzetti, le figlie Luce e Annamaria e le nipoti Lorenza e Paola Mazzetti, figlie orfane del fratello di Nina.

1944: il 3 agosto, mentre l’esercito tedesco si ritira verso Nord e il fronte passa su Firenze, a Rignano avviene il terribile eccidio: un ufficiale tedesco con i suoi soldati devastano la casa di Robert, il quale è assente, e uccidono Nina e le figlie. Sembra che con l’uccisione della famiglia di Robert, cugino di Albert, si mirasse in verità a colpire il lontano Albert, considerato dagli assassini, oltre che ’ebreo’, traditore; le nipoti Lorenza e Paola Mazzetti vengono risparmiate in quanto “non della famiglia Einstein”. Robert si toglie la vita un anno dopo, e oggi Lorenza, che è presente qui tra noi, ci racconterà la sua storia.

1945: durante la ritirata tedesca (marzo/aprile), vicino a Bolzano, di notte e in divisa di soldato semplice, Anzio riesce a fuggire dalla Wehrmacht. Raggiunge la casa di amici, si cambia i vestiti e rimane in Italia. In agosto ritorna a casa sua a Firenze e riprende a dipingere nella sua città. (Fig. 12)

VIII

1948: Elsa Staude da Firenze si reca negli Stati Uniti per rivedere, dopo molti anni, l’altro suo figlio Gustav, che vive là: coglie l’occasione per passare da Princeton e per incontrare un’ultima volta la sua amica Maja, a quel tempo già ammalata. (Fig. 13)

1951: Maja muore a Princeton, senza mai più aver rivisto né il marito Paul, né la sua amata ’Samos’. Paul muore in Svizzera l’anno seguente. Mia nonna aveva scritto di lei: “Adesso so bene in che cosa consiste per me il fascino tutto particolare di Maja: è questa verità assoluta in cui lei vive; mai può sorgere un dubbio sui suoi atti o sulle sue parole – come di cristallo sono il suo cuore e la sua mente. Quanto fa bene una persona così!”

1955: A Princeton muore anche Albert.

1957: Alla porta di casa nostra in Via delle Campora si presenta un signore molto distinto: è Vero Besso (1898-1971), il figlio di quel Michele Besso che fu prima collega e amico intimo di Albert Einstein negli anni in cui entrambi lavoravano all’Ufficio Brevetti di Berna, poi, tramite il suo matrimonio con Anna Winteler, sorella di Paul, anche suo parente. Vero Besso è l’erede di ‘Samos’, vive a Firenze e si sta occupando dell’eredità degli Einstein in Italia. Chiede a mio padre del pianoforte: Anzio lo riceve con la massima gentilezza, lo conduce nella stanza da musica e, con il cuore tremante, gli parla a lungo degli anni felici di ’Samos’. Vero Besso ascolta attento. Poi dice: “Vedo che non è possibile“, e se ne va lasciando il pianoforte dov’è. Così il pianoforte di Einstein resta con Anzio, che lo suonerà fino alla fine della sua vita nel 1973. (Fig. 14)

IX

2001: dopo la morte di mia madre, lasciamo le Campora. Il pianoforte trasloca con noi a Mosciano sopra Scandicci in una semplice abitazione fra gli ulivi, sulle colline al limite meridionale della conca di Firenze, opposte a Quinto, e quindi in vista di ’Samos’. Lì, d’estate, lo suonano i nostri figli Lorenzo e Antonio.

2015: il nostro amico Francesco Palla, astronomo fiorentino che era stato direttore di Arcetri, viene a trovarci a Mosciano, vede il pianoforte, ne ascolta la storia e suggerisce di darlo in deposito ad Arcetri, ad uso degli astrofisici pianisti e per l’occasione di eventi astronomico-musicali.

Francesco da poco ci ha inaspettatamente lasciati, ma oggi la sua idea si avvera: il pianoforte, appena riportato a nuova vita dal tecnico accordatore Simone Bussotti, presente qui tra noi, è giunto all’Osservatorio e abbiamo firmato l’accordo di comodato che ne regola la permanenza ad Arcetri (Fig. 15). Filippo Mannucci, l’attuale direttore di Arcetri, ha commentato questa foto così: “A parte le biro, sembriamo davvero due capi di Stato!”

Dunque il pianoforte resterà quassù in vista di Quinto (che è là ai piedi del Monte Morello) e della casa in Via delle Campora (Fig. 16): in questa nuova fase della sua storia sarà affidato agli amici astrofisici – ai giovani colleghi di Einstein!

Cenni bibliografici:

Franziska Rogger, Einsteins Schwester. Verlag NZZ, Zürich 2005

Hans-Joachim Staude, vita e opere:  www.staude.it

Lorenza Mazzetti, nata a Firenze nel 1928, è pittrice e regista. Appena finita la guerra, si recò giovanissima a Londra per frequentare la Slade School of Fine Arts. Il suo primo film, “K” (1953), tratto liberamente da La metamorfosi di Kafka, è considerato precursore e manifesto del movimento di avanguardia Free Cinema. Ha scritto anche vari libri, tra cui Il cielo cade (1962), in cui racconta i tragici fatti di Rignano, e Diario Londinese (2014). Dal 1956 vive e lavora a Roma come scrittrice e drammaturga.